Techstars è uno dei programmi di accelerazione di startup più noti al mondo. Nato nel 2006 a Boulder, in Colorado, in 16 anni ha lanciato 48 programmi in 34 città e 12 nazioni in tutto il mondo. Dai suoi programmi sono passate finora 2.620 neoimprese, in grado di raccogliere sul mercato 16,5 miliardi di dollari e raggiungere una capitalizzazione di mercato di 63,3 miliardi.
Nel 2019 Techstars ha deciso che era il momento di arrivare in Italia. Ha scelto Torino come città dove lanciare il programma ‘Le città del futuro’ (Cities of the future). A dirigerlo c’è Martin Olczyk, classe 1980, polacco di nascita ma cresciuto in Germania. Oggi vive nel capoluogo piemontese, dopo un lungo percorso da manager e imprenditore tra banche di investimento e aziende da lui fondate tra Europa e Sudest Asiatico. Lo abbiamo raggiunto per fare un bliancio di quanto fatto finora, tra le potenzialità delle neoimprese italiane e le difficoltà incontrate.
Siete al terzo programma di accelerazione in tre anni. Che bilancio fa della vostra esperienza in Italia finora?
“Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti finora. Questo nonostante le sfide che tutti i programmi hanno affrontato. Quello del 2020 per esempio è stato il primo programma di Techstars in assoluto ad essere spostato online dopo 5 settimane di persona a causa del Covid-19. Il secondo programma è stato solo online. Abbiamo investito in 2 aziende israeliane durante una guerra. Quest’anno in due team ucraini mentre il loro Paese affronta una situazione ancora più difficile. Il programma è cresciuto e si è evoluto con l’ecosistema italiano. Abbiamo messo in contatto i nostri team con mentor, aziende, investitori e comuni”.
Risultati?
“Le nostre aziende hanno raccolto più di 30.000.000 di dollari in finanziamenti e hanno creato più di 200 posti di lavoro, compresi quelli in Italia. E proprio oggi (11 maggio, ndr), una delle nostre startup del programma del 2020, GetHenry, ha annunciato un round di invetimento da 17,4 milioni di dollari. Siamo molto orgogliosi di loro”.
Quante startup sono passate dal vostro programma finora?
“Ad oggi abbiamo accelerato 35 startup”.
Da dove arrivano?
“Da tutto il mondo, da Paesi come Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Norvegia, Ucraina, Portogallo, Polonia, Ungheria, Romania, Francia, Svizzera, Lettonia, Israele, tra cui 11 aziende italiane o con fondatori italiani”.
Il programma è tutto in lingua inglese. A parte necessità pratiche, c’è un’altra spiegazione?
“Il nostro obiettivo è sostenere le aziende leader di categoria che hanno aspirazioni globali. Quindi tutti i contenuti e le comunicazioni sono in inglese per preparare gli imprenditori a un ambiente internazionale con i futuri dipendenti, clienti e investitori”.
Di quelle accelerate finora, c’è qualche startup che l’ha colpita particolarmente per il percorso svolto?
“Tutte riescono a colpirmi, ognuna a suo modo. Una delle aziende che sta crescendo più rapidamente è GetHenry. Durante il programma ha fatto un pivot (un cambio di direzione nello sviluppo del proprio business model, ndr). Stava per chiudere l’attività perché il suo mercato non esisteva più con Covid (producevano e-scooter in affito per gli hotel), ma poi ha beneficiato dei nostri consigli e del nostro supporto ha trovato una nuova direzione. Vengono dalla Germania e dall’ Austria ma sono entrati nel mercato italiano di recente, forse avete visto i Gorillaz in sella alle loro biciclette nere? Beh, quelle sono state fornite da GetHenry”.
Parliamo un po’ dell’Italia. si è spesso detto che il nostro Paese ha potenzialità inespresse per quanto riguarda il mondo delle startup. E’ d’accordo?
“L’ecosistema italiano è agli inizi. Ho vissuto a Berlino nel 2012 quando l’ecosistema ha iniziato a evolversi, poi mi sono trasferito nel Sudest asiatico e lì ho vissuto una crescita simile, partendo da zero. L’Italia ha gli ingredienti giusti, capitali, fondatori che hanno fame, grandi università e vantaggi di costo rispetto a molti altri ecosistemi maturi. Il governo, ma anche il settore privato, hanno capito che è arrivato il momento di innovare e creare una nuova direzione per il futuro del Paese e dell’economia. Gli italiani hanno il Dna imprenditoriale. La nuova generazione è più esperta di tecnologia, ha acquisito esperienza internazionale in aziende tecnologiche di successo. Vediamo le prime storie di successo, c’è abbondanza di capitale disponibile, decine di iniziative di early-stage, come incubatori o acceleratori, sono state avviate solo negli ultimi due anni. Sono sicuro che in futuro vedremo molte aziende di successo emergere dall’Italia”.
In Italia Milano e Roma si contendono da anni il titolo di ‘capitale delle startup’. Voi che siete ana realtà internazionale con 48 acceleratori in 34 città e 12 paesi, avete scelto invece Torino. Perché?
“Noi tramite finanziamenti, competenze e una rete globale, possiamo aiutare i fondatori in qualsiasi angolo del mondo a creare grandi aziende. I nostri partner Compagnia Di San Paolo, Fondazione Crt e Intesa Sanpaolo sono i precursori della costruzione di un fiorente ecosistema imprenditoriale a Torino. La città stessa offre ai fondatori (di startup, ndr) opportunità uniche per testare le loro soluzioni con le aziende e la città stessa”.
In questo contesto si inserisce Torino City Lab.
“Torino City Lab è un’iniziativa unica nel suo genere, in cui i fondatori possono sperimentare rapidamente le loro idee e crescere grazie a una vasta rete locale, che offre ad esempio 35 km di strade per il collaudo di automobili automatiche in tutta la città o diversi ambienti per il collaudo di droni. Il nostro programma si è aggiunto in modo naturale alle iniziative già in corso prima del nostro ingresso e, combinando le nostre offerte, siamo in grado di offrire una proposta di valore unica ai fondatori early-stage a livello globale”.
A Torino avete scelto come tema ‘La città del futuro’ e cercate startup che sappiano pensarla. Che caratteristiche cercate?
“Ad oggi, 1,3 milioni di persone si muovono in città, ogni settimana. Esistono già 21 megalopoli, con più di 10 milioni di abitanti, e si prevede che questo numero crescerà a 29 entro il 2025. Poiché le città diventano un motore ancora più importante dell’economia e della ricchezza globale, è sempre più importante garantire che siano ottimizzate per massimizzare l’efficienza e la sostenibilità. Ma anche per migliorare la qualità della vita”.
Come sarà la città del futuro quindi?
“La città del futuro sarà alimentata da big data, Internet delle cose e intelligenza artificiale. La città potrebbe vivere, respirare e persino pensare con o per noi. Una città intelligente non è solo una città che utilizza tecnologie avanzate. È una città che studia attentamente le abitudini e le esigenze dei suoi cittadini e cerca di risolverle nel modo più adatto. Ci auguriamo che le città siano più verdi, meno trafficate, più resilienti e sostenibili e più incentrate sugli abitanti. Dobbiamo cambiare il modo di costruire e di vivere nelle città per assicurarci che le generazioni future abbiano un luogo sicuro e sano in cui vivere”.
Avete in programma di aprire altri programmi di accelerazione Thechstars in Italia?
“No, ad oggi non abbiamo in programma il lancio di altri programmi. Ma vista la velocità di crescita dell’ecosistema, potremmo riconsiderare la cosa nel prossimo futuro”.