Sabato 16 ottobre 2021 – 09:01
A Torino astensionismo e divisione M5s incognite ballotaggio
Lo Russo e Damilano a caccia del voto periferie e di quel 52% che ha disertato primo turno
Torino, 16 ott. (askanews) – Domani e lunedì i torinesi sono chiamati alle urne per il ballottaggio che eleggerà il nuovo sindaco di Torino. Il primo giorno i seggi sono aperti dalle 7 alle 23, mentre lunedì si può votare fino alle 15. Dopo cinque anni di mandato di Chiara Appendino del Movimento 5 stelle, a sfidarsi per la carica di Primo cittadino sono Stefano Lo Russo del Pd, il candidato che guida la coalizione del centrosinistra e Paolo Damilano, il civico sceso in campo per il centrodestra. Un voto importante, anche per i riflessi politici nazionali, che ha richiamato sotto la Mole i leader dei vari partiti, Giorgia Meloni prima, poi Matteo Salvini ed Enrico Letta nell’ultimo giorno di campagna elettorale.
Nella prima tornata Lo Russo ha registrato un vantaggio con il 43,86%, staccando Damilano, che ha raccolto il 38,9% delle preferenze, di quasi 5 punti. Una partita però considerata ancora aperta, soprattutto ricordando che nel 2016, Piero Fassino sopravanzava Appendino di 11 punti, ma al ballottaggio finì per perdere 45 a 54 al secondo turno.
Uno scarto minimo tra i due da giocarsi su una platea elettorale di astenuti al primo turno: il 52% dell’elettorato, una cifra record per Torino.
Giri tra i banchi dei mercati, passeggiate per strade, traversate sui mezzi pubblici, panchine di ascolto nelle piazze, manifesti e volantinaggio spinto: entrambi i canditati hanno battuto in lungo e in largo il territorio cercando ci convincere gli astenuti. Damilano esortando al voto le periferie punta su sicurezza e sgomberi, così si è recato ai confini di Torino, in un campo rom abusivo dietro la ferrovia Stura, con l’impegno di far rispettare la legge regionale esistente ma che non è stata finora applicata dalla città: il sequestro amministrativo dei mezzi dei nomadi in sosta fuori dalle aree consentite. Lo Russo invece si presenta davanti ai cancelli Iveco al cambio turno, tentando di riallacciare i rapporti con il mondo operaio, un tempo affine alla sinistra ma che al primo turno ha dimostrato distacco e indifferenza tanto da astenersi in massa (il 66% non si è recato alle urne secondo un’analisi dei flussi elettorali della Swg).
E poi numerosi confronti tv, nel rush finale della campagna i due contendenti alla poltrona in Sala rossa hanno un po’ abbandonato il fair play e hanno cominciato a darsi qualche ‘spallata’ politica. E se il professore del centrosinistra accusa Damilano di essere il civico dietro il quale c’è la destra sovranista, l’imprenditore rispedisce al mittente le provocazioni etichettando Lo Russo come l’uomo dell’apparato che ha portato al dissesto economico Torino. Lo Russo lo taccia di incoerenza e tira fuori un vecchio post in cui si complimenta con Fassino, allora sindaco del Pd, ma Damilano ribatte con il dubbio sulla sua capacità di amministrare Torino e di portare benessere, visti i fallimenti del passato.
Oltre l’impegno di smuovere gli astenuti al voto, entrambi i candidati gettano uno sguardo alla platea dei Cinquestelle. Si attenuano le contestazioni all’amministrazione pentastellata che li porta a ribadire che la città non farà passi indietro nei diritti civili.
Il M5s si è impegnato a non dare indicazioni di voto per il ballottaggio, ma al silenzio della sindaca uscente Chiara Appendino e dell’ex candidata del Movimento Valentina Sganga, si è contrapposto il rumore ‘social’ dei loro rispettivi compagni. Che si dividono quasi a rivelare le lacerazioni interne al Movimento, con l’entourage della sindaca per Damilano e quello intorno alla Sganga per Lo Russo. Marco Lavatelli, marito di Appendino, esce allo scoperto: “Al ballottaggio voterò Paolo Damilano. È una candidatura innovativa, indipendente e civica”. Al contrario, il compagno di Sganga Fabio Versaci: “Voterò Lo Russo. Non possiamo accontentarci di dare uno schiaffo morale al centrosinistra, lasciando la città nelle mani della peggiore destra si sempre”.
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