L’agenda delle mostre di dicembre tocca diverse città italiane per offrire occasioni culturali sia a chi è partito per qualche giorno di vacanza, in occasione del ponte dell’Immacolata, sia a chi è rimasto in città. Le proposte di questa settimana, che ruotano intorno all’arte contemporanea, includono una doppia personale di due artisti che “eseguono pittura di storia”, una collettiva di autori di diverse generazioni, le cui opere si inseriscono nell’ambito della pittura figurativa e astratta, del disegno e della scultura, e un progetto espositivo che diventa, nell’indagine degli artisti, atto di esplorazione e appropriazione dello spazio. Tra gli appuntamenti di inizio dicembre spiccano una riflessione sull’apparente stato di benessere e beatitudine della nostra società attraverso lo guardo di due artisti, o ancora il rapporto tra i nostri corpi ‘digitalizzati’ e la realtà del nostro Tempo, indagato dall’occhio critico di tre interpreti contemporanei. Le mostre di questo mese ci invitano a scoprire il linguaggio rivoluzionario dei sentimenti e l’importanza del colore nelle opere di pittori neoromantici ed espressionisti degli anni Trenta. E infine, un artista che ha fatto del mondo il palcoscenico della meraviglia.
Dialogues # 1 – Michele Parisi / Bogdan Vladuta – le voci della pittura sono le voci del silenzio, Trento
Paolo Deanesi Gallery accoglie la doppia personale di Michele Parisi e Bogdan Vladuta, a cura di Gabriele Salvaterra. Il dialogo tra Vladuta e Parisi mette in luce due modalità diverse e autonome di “eseguire pittura di storia. Il loro lavoro ha a che fare principalmente col passato”, scrive il curatore nel testo critico. Bogdan Vladuta sembra dipingere come un Etrusco o un abitante di Pompei, scegliendo soggetti che provengono dal passato archeologico, dalle storie della Bibbia, dalla mitologia o da atmosfere medievali, con un repertorio alternativo alla contemporaneità. Michele Parisi si conforma allo stile dei dagherrotipi, già in sé ibridazione sofisticata e ante litteram tra pittura e fotografia, per realizzare nudi, paesaggi, ambienti e visioni crepuscolari “che esprimono una nostalgia per il ritorno, un’attrazione per l’età dell’oro che si può risolvere solo nella malinconia”, prosegue Salvaterra. Le tele di Vladuta e Parisi sono un inventario frammentario delle rovine che il tempo ci ha consegnato, senza alcuna istruzione per la lettura e decodifica. L’incontro tra le poetiche dei due artisti sembra confermare la visione, espressa da Maurice Marleau-Ponty, per cui il patrimonio figurativo arcaico può fornire poco aiuto alla nostra comprensione del passato, diversamente dal potere della parola, infinitamente più grande, che ha la capacità ricostruire eventi e accadimenti che si sono ormai conclusi. La domanda, quindi, insita nella mostra è: l’immagine pittorica può davvero raccontarci qualcosa di pregnante sulla storia o le sue voci sono soltanto ‘voci del silenzio’ in grado di ripetere la magia e la melanconia per qualcosa che abbiamo perso definitivamente? “La ricercata inattualità del discorso contemporaneo dei due artisti cela probabilmente la volontà di giocare con questo deficit dell’arte pittorica (e scultorea) per dare voce esattamente a un mutismo, dare forma a una sospensione di senso che immette direttamente nel mistero del tempo”, risponde il curatore. Fino al 25 febbraio 2023.
www.paolomariadeanesi.it
Dialogues # 1 – Michele Parisi / Bogdan Vladuta – le voci della pittura sono le voci del silenzio
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Chimera, Milano
Apre il 15 dicembre, negli spazi di Candy Snake Gallery, la collettiva dedicata a 14 artisti emergenti e mid-career di diverse generazioni, le cui opere si inseriscono nell’ambito della pittura figurativa e astratta, del disegno e della scultura. Come nel concetto di ibridazione richiamato nel titolo dell’esposizione, il progetto di “Chimera” combina modalità espressive diverse che creano associazioni inattese. In mostra sono proposti anche multipli d’artista e lavori su carta formato A4. I disegni di Dario Baroli uniscono suggestioni legate alla trascendenza; Daniele Carpi accosta elementi eterogenei per assemblare un ‘oggetto simbolico’ che comprenda insieme stimoli percettivi instabili e regole di composizione, così come mutamenti imprevisti e punti di equilibrio. I dipinti di Ilaria Fasoli mostrano immagini ambigue, espressione di diversi possibili significati e metafore; i ritratti dei personaggi di Emanuele Ferretti si ispirano allo street style urbano; nei suoi disegni Matteo Gatti ibrida elementi naturali e culturali, utilizzando materiali di natura eterogenea. Nelle forme fantastiche di Naomi Gilon, il mostruoso prende vita irrompendo nella quotidianità, con incursioni negli ambiti del design e della moda; Carlos Hache è interessato all’essere umano e alla natura, rappresentati attraverso la semplicità dei colori primari e l’essenzialità grafica delle linee. Protagonista delle opere di Bogdan Koshevoy è un mondo parallelo in cui l’artista combina memorie diverse che, decontestualizzate dal loro ambiente originario e dipinte con colori irreali, compongono scene dai toni allucinati. Margaux Laurens-Neel realizza dipinti barocchi e animaleschi, tra Pop art, Art brut e fumetti, mentre la pittura di Andrea Luz affonda in un approccio ludico e ironico con riferimenti alla cultura popolare contemporanea. Le opere di Camilla Rocchi sperimentano diversi mezzi espressivi per unire materia e trascendenza, aprendo un dialogo tra ambiti diversi. La pratica di Andrea Samory si concentra sulla relazione tra materia biologica e concetto idealizzato di natura, mentre Diego Soldà si focalizza sulla struttura dell’atto pittorico che viene modificata per condizionarne il risultato. Infine, Dorotea Tocco indaga la femminilità e, dando spazio a un’estetica kitsch, allo sporco e all’erotismo, dà forma a una realtà nella quale i ruoli vengono ricreati con l’obiettivo di superare le convenzioni morali. Fino al 21 gennaio 2023.
www.candysnakegallery.com
Andrea Luzi. Partytepture, 2022, olio, acrilico e glitter su lino, 30 x 30 cm
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Spaces, an open intimacy. Davide Stucchi | Luca Staccioli | Ludovico Orombelli | Maite de Orbe, Milano
Una mostra che restituisce il progetto di residenza d’artista Tagli____, proposto dal 2021 a Stromboli a fine estate, con il coinvolgimento quest’anno degli artisti: Caterina Dufi con Eugenia Delbue, Daniel Rineer, I Figli di Marla, Maite de Orbe, Luca Staccioli, e Davide Stucchi. Allestita negli spazi della galleria ArtNoble, “Spaces, an open intimacy.” presenta gli esiti dell’esperienza e del lavoro di quattro degli artisti che hanno partecipato alla residenza. Al centro della mostra vi è un atto di esplorazione e appropriazione dello spazio indagato attraverso le opere di Davide Stucchi, Luca Staccioli, Ludovico Orombelli e Maite de Orbe, chiamati a dialogare con lo spazio della galleria applicando la propria pratica artistica. È, infatti, nello spazio tra il nostro percepito e la realtà dell’oggetto che si stabilisce lo sguardo dell’artista. Alcune installazioni site specific e una serie di lavori realizzati durante la residenza compongono il percorso espositivo, che crea frazioni di mondo, intimità aperte, tracce e sonorità, capaci di attivare diversi approcci alla percezione dello spettatore. Per Maite de Orbe la lettura dello spazio negozia con la prepotenza dell’occhio, cercando una giusta sintesi tra la realtà materica dell’oggetto – o del gesto -, e l’emozione che ci spinge a interpretarla. Ludovico Orombelli inverte la prospettiva dell’affresco così da invitare lo spettatore a guardare in basso e ad attraversare l’opera d’arte. Luca Staccioli reinventa l’ambiente sviluppando una ricerca iniziata durante la residenza che prevede l’utilizzo di un oggetto comune quale è lo spara-numeri del supermercato. Davide Stucchi propone un’installazione video, che documenta la performance diretta da lui a Stromboli. Secondo i co-fondatori di Tagli___, Ilaria Baia Curioni e Alvise Baia Curioni, “gli spazi e chi li vive si trasformano a vicenda. Gli oggetti sono nel mezzo. Tagli___ offre una finestra sul quotidiano di questa relazione. La residenza permette di studiarla, la restituzione di mostrarla al microscopio. Tutti la viviamo eppure nessuno riesce a interpretarla fino in fondo”. Fino al 14 dicembre.
www.artnoble.it
www.ta-gli.com
Spaces, an open intimacy. Davide Stucchi | Luca Staccioli | Ludovico Orombelli | Maite de Orbe
Michela Pedranti
Getulio Alviani, il Maestro della Luce, Venezia
La Scuola Grande della Misericordia accoglie “Il Maestro della Luce”, l’ampia retrospettiva dedicata a Getulio Alviani, tra i più significativi esponenti italiani dell’Arte Cinetica e Programmata, a cura di Luca Beatrice e Diora Fraglica. Il progetto espositivo, realizzato da Galleria Orler con il contributo del Centro Studi e Ricerche Getulio Alviani, presenta oltre oltre 150 opere che seguono tutte le diverse fasi dell’evoluzione artistica di Alviani. Tra i lavori in mostra ci sono più di 70 “Superfici a struttura vibratile”, prodotte dall’artista dal 1960 fino alla fine degli anni Settanta. Sono installazioni in acciaio e alluminio che si ‘animano’ grazie alle interferenze ottiche prodotte dallo spettatore, nel suo movimento davanti all’opera, a conferma della visione artistica di Alviani, che crede nell’imprevedibile potenza generatrice dello sguardo. Quindi, sono esposti i “Cerchi Virtuali” (1967-1969) che sfruttano la superficie specchiante, con funzione di base dell’opera, per completare virtualmente il semicerchio fisico apposto sulla superficie, e le “Interrelazioni Speculari” (1962-1967), incentrate sui rapporti di interruzione e continuità visiva. “Il Maestro della Luce” propone anche due lavori introvabili, “Cromostrutture speculari a elementi quadri” del 1964 e l’opera “Positivo-Negativo”, rappresentativa delle sculture in legno e in acciaio realizzate da Alviani negli anni Sessanta. Appartengono, invece, alle opere più recenti, “Superfici” e “Cromie”, degli anni Novanta-Duemila, completate dal progetto di gioielli d’artista, una ricerca di Getulio Alviani poco conosciuta e che costituisce un’eccezione nel panorama dell’arte cinetica e programmata. Fino all’8 gennaio 2023.
www.misericordiadivenezia.it
Getulio Alviani, il Maestro della Luce
Vincenzo Caricato
IL CORPO DEL COLORE. La pittura neoromantica ed espressionista italiana degli anni trenta. Opere dalla Collezione Giuseppe Iannaccone, La Spezia
Il linguaggio rivoluzionario dei sentimenti per leggere il reale e il proprio vissuto e il colore come elemento centrale delle loro opere. Parliamo dei protagonisti della mostra presentata negli spazi di Fondazione Carispezia, a cura di Collezione Giuseppe Iannaccone, dove sono riuniti i lavori realizzati tra il 1920 e la fine della seconda guerra mondiale da una selezione di artisti che, partendo dalla realtà più vera di quegli anni, condividono una rappresentazione autentica dell’Espressionismo italiano degli anni Trenta. Attraverso la loro profonda capacità espressiva gli artisti spostano il loro punto di vista da una visione oggettiva della realtà a una lettura intima e personale, che sfiora il Neoromanticismo lasciando da parte le forme liriche del classicismo. Nella loro pratica artistica prevale l’interesse per il colore rispetto alla costruzione della forma e subentra il linguaggio dei sentimenti, della fantasia, della visionarietà. Nel percorso espositivo, che non segue un’organizzazione cronologica o geografica, si susseguono temi intimi e universali, la guerra, le disuguaglianze, la degenerazione sociale, che rimandano al particolare momento storico e all’introspezione degli artisti. In mostra sono esposte anche alcune opere inedite della Collezione Giuseppe Iannaccone. Gli artisti in mostra sono: Afro, Arnaldo Badodi, Renato Birolli, Luigi Broggini, Bruno Cassinari, Gigi Chessa, Filippo de Pisis, Francesco De Rocchi, Agelo Del Bon, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Carlo Levi, Umberto Lilloni, Mario Mafai, Francesco Menzio, Giuseppe Migneco, Ennio Morlotti, Enrico Paolucci, Fausto Pirandello, Antonietta Raphaël, Ottone Rosai, Aligi Sassu, Scipione, Fiorenzo Tomea, Ernesto Treccani, Italo Valenti, Emilio Vedova, Alberto Ziveri. Fino al 2 aprile 2023.
www.fondazionecarispezia.it
www.collezionegiuseppeiannaccone.it
IL CORPO DEL COLORE. La pittura neoromantica ed espressionista italiana degli anni trenta. Opere dalla Collezione Giuseppe Iannaccone
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Riccardo Baruzzi, Ascoli Piceno
Ha aperto alla Galleria d’Arte Contemporanea Osvaldo Licini la mostra di Riccardo Baruzzi, vincitore della seconda edizione del Premio Osvaldo Licini by Fainplast dedicato alla pittura italiana. L’artista e il curatore Alessandro Zechini hanno voluto che fossero il premio e il dialogo con il maestro marchigiano Licini i cardini con cui costruire il progetto espositivo, sviluppato appositamente, piuttosto che riunire opere già prodotte. Baruzzi inizia il suo percorso artistico esplorando il linguaggio pittorico e, poi, amplia la sua pratica miscelando tecniche tradizionali e sperimentali, utilizzando il medium del disegno in funzione performativa. Le sue opere ricercano una nuova semplicità, intesa come raggiungimento di un grado zero, una sorta di inizio del linguaggio e ricorrono alla catalogazioni di estetiche, in generale marginali. In questo senso nei suoi lavori opera una riduzione del numero di segni e di soggetti, annulla o rende minima la componente prospettica. In tutto il percorso espositivo, le tele, le pitture ritagliate e sovrapposte e anche i telai appaiono come sono, senza nessuna illusione ottica. Baruzzi utilizza anche il disegno nella sua produzione artistica, con i suoi rimandi alla preparazione, al progetto e al pensiero che diventa traccia visibile. Comunque non è possibile definire i lavori esposti secondo le tradizionali categorie, pittura, scultura e disegno; l’artista le riesce a scardinare in maniera gentile ed elegante. “Con uno sguardo laterale, fuori dalla sicurezza della storia dell’arte, l’artista crea nuovi paesaggi, composti da alberi mutanti, spaventapasseri o reti da pesca che permettono allo spettatore di rigenerare la sua visione sul presente”, dichiara il curatore. Fino al 5 marzo 2023.
www.ascolimusei.it
Riccardo Baruzzi
Carlo Favero
Digital Antibodies, Roma
Si interroga sul rapporto tra i nostri corpi ‘digitalizzati’ e la realtà contemporanea la mostra “Digital Antibodies”, allestita negli spazi del MAXXI fino al 26 febbraio 2023. Il progetto espositivo, a cura di Ilaria Bonacossa con Eleonora Farina, presenta i lavori di Danilo Correale, Irene Fenara e Invernomuto, che invitano a guardare la realtà e la tecnologia con occhio critico rivelando come funzionano gli algoritmi, come vengono raccolti e manipolati i dati, a livello sociale e culturale, mentre l’umanità sta rischiando di perdere la propria soggettività. L’idea di Digital Antibodies è che l’arte possa ancora rappresentare uno spazio di libertà dalla “dittatura produttiva” della tecnologia, oggi presente ovunque nella nostra vita quotidiana e nei rapporti interpersonali. L’installazione “A spectacular miscalculation of global asymmetry (Spettacolari errori di calcolo di globale asimmetria)” di Danilo Correale riflette sulla debolezza dei Big Data, svelando il paradosso della loro incapacità di essere chiavi di lettura esclusive del mondo. L’opera di Irene Fenara (1990) “Struggle for Life ☉”, un video su i-Watch indossato dal personale di sala, racconta lo stretto e ambiguo rapporto tra uomo e tecnologia. Infine, il lavoro “Vers l’Europa deserta, Terra Incognita” del duo artistico Invernomuto, costituito da Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi, si interroga sui modelli di autorappresentazione condivisi dai giovani che vivono nelle periferie espanse delle metropoli europee. In un viaggio metaforico tra Italia e Francia, il video, che la cui scala verticale simula le proporzioni dello schermo di uno smartphone, segue i protagonisti in un itinerario senza fine. “Digital Antobodies” è realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale dell’Arte Digitale, di recente istituzione, che avrà sede a Milano negli spazi liberty dell’ex Albergo Diurno di Porta Venezia, disegnato da Piero Portaluppi nel 1925, e nel Casello daziale ovest di Porta Venezia. Fino al 26 febbraio 2023.
www.maxxi.art
Digital Antibodies
Riccardo Musacchio
Theatra Mundi: Pino Pascali, Tivoli (Roma)
Il progetto Theatra Mundi di Pino Pascali, presentato dall’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este – VILLÆ e curato da Andrea Bruciati, sceglie gli spazi di Villa D’Este per la sua messa in scena. La dimora tiburtina, “luogo della metamorfosi e della sintesi di natura e artificio, accoglie le valenze teatrali e cangianti di un artista che ha fatto del mondo il palcoscenico della meraviglia”, si legge nel nel testo del curatore che accompagna la mostra. Pittore e scultore, Pascali è stato anche animatore, grafico, pubblicitario, scenografo, attore e fotografo. Già dai primi lavori, nell’immaginario di Pascali archetipi e miti mediterranei si combinano con suggestioni contemporanee, creando una produzione ironica, capace di sorprendere, e, talvolta, irriverente. Quindi l’artista emerge come testimone ideale di una riformulazione dell’universo di ascendenza futurista, vivificata dall’esperienza con Toti Scialoja, suo docente all’Accademia di Belle Arti di Roma dove studia scenografia, un maestro tanto sensibile sull’idea di un mondo come palcoscenico, in cui Pascali immette la sua sensibilità contemplativa, quasi metafisica. Dalla Biennale del 1964, Pascali rielabora in chiave personale i temi della Pop Art; brani anatomici e antichità romane diventano oggetti di consumo, immagini del presente e allo stesso tempo raffigurazioni di un passato mai tramontato. “In tutte le opere di Pascali emerge chiara la sua propensione alla trasformazione, una modalità che investe una parabola artistica funambolica, brevissima eppure incendiaria”. Lo caratterizzano l’ironia, la propensione al gioco e allo scherzo, una straordinaria capacità inventiva, che ha lasciato un segno importante nell’arte contemporanea nonostante l’arco di attività brevissimo, dalla sua prima personale a La Tartaruga di Roma nel 1965 alla sua morte nel 1968. Fino al 7 maggio 2023.
villae.cultura.gov.it
Theatra Mundi: Pino Pascali. Botole ovvero lavori in corso
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(In) apparente stato di beatitudine. Silvia Argiolas – Giovanni Robustelli, Modica (Ragusa)
L’apertura a Modica della nuova sede di galleria d’arte contemporanea SACCA è accompagnata dall’inaugurazione della doppia personale di Silvia Argiolas e Giovanni Robustelli, curata da Giovanni Scucces. La mostra nasce da una riflessione sullo stato di benessere e beatitudine della nostra società incentrata sull’apparenza per chiedersi se, in realtà, non nasconda altro. Forse dietro una confortante facciata si celano problemi, insoddisfazione o cosa ancora? Argiolas e Robustelli scelgono temi e tecniche differenti ma condividono la ricchezza cromatica nella loro produzione artistica. I lavori dei due artisti presentano colori vividi e brillanti che catturano l’attenzione a un primo sguardo, per poi richiamare l’osservatore a una visione più profonda, cercando quello che si può nascondersi dietro quell'”apparente stato di beatitudine”. La pittura di Argiolas è cruda e sinuosa, nelle sue tele l’artista rappresenta un mondo popolato da donne attraenti e voluttuose, ma che potrebbero nascondere le debolezze e le frustrazioni del nostro tempo. Per Robustelli, il mito e la favola sono delle presenze forti, spesso evidenti mentre a volte latenti. Le scene, nei quadri esposti, sembrano esprimere una condizione di quiete ma non si possono dire rassicuranti. Fino al 28 gennaio 2023.
www.sacca.online
Giovanni Robustelli, Santa Rosalia, tecnica mista, cm 100×150, 2022
courtesy SACCA gallery e l’artista